Non si vive di speranza, il futuro è solo in mano nostra.


Scomodandolo, Gandhi diceva “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia.”

Se non siamo in un momento di tempesta poco ci manca, da anni piove sul bagnato. C’è chi la chiama crisi economica, chi crisi di sistema, chi crisi finanziaria dovuta a fenomeni speculativi, chi crisi di cambiamento, qualunque sia la sua definizione siamo di fronte ormai da anni ad una grave situazione di mercato per molte aziende. In tale contesto alcune imprese hanno saputo giocare e si sono trovate a trarne proprio vantaggio, vedremo in seguito quali, di certo ogni problema può diventare un’opportunità nel momento in cui lo si vuole affrontare con criterio e lungimiranza.

L’atteggiamento dell’attesa nella speranza che tutto torni come prima è senza dubbio una chimera, non possiamo pensare di essere comparse in un mondo che si sta trasformando e richiede nuovi modi di interpretare ed agire. Abbiamo il dovere di essere attori principali del nostro destino, non possiamo pensare di lasciarlo alle decisioni altrui, ciò significherebbe un’amara sconfitta. Serve un drastico mutamento sia nel pensare che nel decidere, il tempo è tiranno e non ci consente di essere conservativi, bisogna dare sfogo immediatamente alle novità, alla creatività e alla qualità. Se una generazione, nata e cresciuta in un altro contesto imprenditoriale ad oggi desueto e inapplicabile, non ha la capacità o non è in grado di rivedere i vecchi modelli imprenditoriali è duro a dirsi ma deve lasciare spazio alle nuove generazioni. Il dramma, perché tale si può definire, del mancato cambio generazionale è uno dei problemi maggiori che le imprese soprattutto medio/piccole stanno subendo.

 

Ma analizziamo quali sono le cause o i cambiamenti in atto che in questi ultimi anni stanno stravolgendo il mercato e conseguentemente il modo di fare impresa.

La globalizzazione dei mercati

Il termine globalizzazione ci accompagna ormai da parecchi anni, ma inizialmente non era ben chiaro cosa fosse e quali cambiamenti avrebbe portato. La globalizzazione era un termine che aveva soprattutto un’accezione negativa e aveva portato a numerose contestazioni di piazza, il fatto era che come per ogni novità in arrivo invece di capirle per potersi adattare al meglio si è sempre cercato di costruire muri, che si sono rilevati e si rivelano di cartapesta in considerazione che non si possono fermare fenomeni evolutivi.

Se guardiamo la definizione che dà Wikipedia ”La globalizzazione è un processo di interdipendenze economiche, sociali, culturali, politichetecnologiche i cui effetti positivi e negativi hanno una rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero.

È interessante notare come non ci si rifaccia al termine globalizzazione solo al settore economico ma anche a quello di culture, costumi e pensiero. In tutto questo ha poi fatto da catalizzatore la rete internet che ha permesso l’avvicinamento di tutto ciò che vedevamo molto lontano e con cui non ci confrontavamo. Possiamo quindi pensare che la globalizzazione dei mercati non è semplicemente un accesso facilitato ai mercati esteri con un corrispondente aumento della concorrenzialità e quindi ad una destabilizzazione delle leggi della domanda e dell’offerta, sicuramente è qualcosa di più complesso dove hanno importanza anche i fenomeni culturali e sociali che sono anch’esse componenti del mercato.

Le variabili legate alla globalizzazione della cultura e dei modelli sociali hanno avuto un impatto significativo sia a livello politico che economico. Se le risposte politiche sono differenti e riguardano progetti di integrazione o di difesa della propria cultura, a livello economico corrispondono ad un’evoluzione nel fare impresa e nel confrontarsi con i mercati, con una nuova concorrenza, con la necessità di adattare il proprio prodotto alla diversità culturale. Tutto ciò si esprime in un nuovo approccio al mercato che richiede analisi più approfondite ed un maggior investimento nella funzione di ricerca e sviluppo.

Quanto sopra ci fa capire come sia diventato ormai necessario far fronte all’internazionalizzazione e quanto sia complesso affrontarla. Va da sé che comunque è una sfida che più prima che poi si deve affrontare. Resta una pura illusione quello di poter agire solo nel mercato locale ormai diventato preda delle aziende e dei sistemi economici internazionali.

Finanza e accesso al credito

Il rapporto imprenditore e credito è molto cambiato in questi anni in modo particolare per le PMI. Fino al 2000 l’imprenditore aveva un rapporto diretto con il direttore dell’Istituto di Credito, un rapporto fiduciario basato sulla conoscenza di anni di collaborazione dove le difficoltà venivano gestite personalmente cercando le soluzioni più adatte. Ogni particolare momento di complicazione finanziaria, ogni necessità di investimento trovava comunque accesso al credito per l’imprenditore.

Le regole del credito finanziario sono poi cambiate drasticamente per molti motivi come ad esempio la moneta unica e l’integrazione nella finanza europea, i vari accordi di vigilanza prudenziale chiamati Basilea 1, 2 e fra poco 3, l’accentramento delle decisioni creditizie nelle banche che di fatto hanno esautorato i poteri decisionali dei direttori di banca, la corrispondente valutazione di ciascuna impresa in base al margine di rischio tralasciando la loro storia di anni attività e di cooperazione con l’istituto di credito, i fallimenti di alcune banche che si sono lasciate irretire dall’uso di strumenti finanziari a rischio molto pericolosi per la loro stabilità, ecc.

Tutto questo ha creato i presupposti per un difficile ed in alcuni casi impossibile accesso al credito. L’accesso al credito è diventata un’operazione molto complicata rispetto al passato e richiede necessariamente di preparare domande molto articolate e approfondite che diano un quadro esaustivo per promuovere una decisione positiva.

Questo esercizio non può più essere fatto dal singolo imprenditore, ma deve coinvolgere professionisti del settore che ha seguito di un’analisi e una valutazione possano verificare quali sono le forme di finanziamento più adatte ed accessibili e nel contempo redigere la richiesta in maniera opportuna per raggiungere un risultato positivo.

In questo contesto non si può pensare che si possa più facilmente accedere alle forme di finanza agevolata. Anche in questo caso deve essere presentata una documentazione esauriente, progetti concreti e sostenibili, una rendicontazione chiara e trasparente. Anche in questo caso il credito o i finanziamenti a fondo perduto non vengono elargiti semplicemente in base ad una richiesta.

Quanto sopra ci fa capire quanto sia importante cambiare ed innovarsi, più un’azienda ha una visione futura dettata da una strategia, basata su un progetto e su obiettivi concreti, misurabili e raggiungibili, maggiormente è facilitata ad accedere al credito. Chi finanzia vuole accedere al programma di sviluppo dell’impresa e verificarne la consistenza e la sostenibilità.

Chiedere i soldi per sanare un buco economico senza dare nessuna idea di quali passi innovativi è intenzionato a fare per uscire dalla situazione di crisi o stagnazione difficilmente raggiungerà il risultato.

Stravolgimento del patto sociale

L’equilibrio tra mondo economico finanziario e mondo sociale aveva concesso una certa stabilità dei mercati tanto che negli anni scorsi si usava frequentemente il termine consumismo. Il consumismo nasceva dalla capacità elevata d’acquisto della popolazione che poteva concedersi uno status sociale tale da farla propendere ad acquistare beni apprezzati non tanto per il valore intrinseco, ma per il semplice gusto di differenziarsi dagli altri ed apparire.

Tutto ciò era possibile proprio per il potere d’acquisto di una classe intermedia numerosa che aveva la possibilità di accedere a beni accessori.

Lo stravolgimento sociale avviene con le la fase di crisi economica come risposta delle imprese ai minori ordini ai minori utili o alle perdite. La vera prima bufera è stata la riduzione del personale con un obiettivo ben preciso tagliare quelle persone meno legate alla produzione e di costo elevato. Questa scelta ha auto come conseguenza l’eradicazione di quella classe intermedia di manager e dirigenti che erano la grossa leva del mercato interno per il loro potere di acquisto.

La scarsa possibilità per questa classe di ritrovare lavoro ha poi fatto sì che questo problema non si risolvesse.

La stessa politica ha fallito nella salvaguardia del patto sociale, con manovre economiche alterne e contradditorie che di fatto hanno impoverito con maggiore tassazione, con un blocco del mercato del lavoro a seguito di un blocco dei pensionamenti, che di fatto ha invecchiato ancor di più il mondo del lavoro e ha creato una grossa barriera di ingresso ai nostri giovani e quindi alle nuove idee e alla predisposizione all’innovazione.

I risultati: un modello sociale diverso, impoverito, con la classe intermedia eliminata e l’allargamento della forbice tra abbiente e meno abbiente. Chiaro che il modello interno di mercato non fa nient’altro che ricalcare questo modello sociale.

Impoverimento del mercato interno e ricerca di alternative

Non c’è dubbio a seguito dello stravolgimento del patto sociale il mercato interno ha subito una pesante contrazione in particolare per tre motivi: la riduzione drastica del potere di acquisto, il conseguente abbandono del consumismo e della richiesta di beni non strettamente necessari, la paura del futuro anche d parte di quelle persone che hanno un lavoro ben pagato.

Le prime due cause non sono facilmente risolvibili, serve creare le basi per un nuovo modello e patto di stabilità sociale, la terza è molto più volubile e influenzabile dalle informazioni ricevute e alle dnotizie date, quindi ha un comportamento altalenante nei momenti in cui non c’è stabilità economica.

Di fronte a questa situazione un’impresa che vive esclusivamente sul mercato interno si assume un rischio elevato: quello di non riuscire a sostenersi.

Vanno valutati nuovi mercati all’estero e la cosa non è semplice da farsi soprattutto senza aiuti. I mercati esteri sono appetibili, ma si devono affrontare complessità diverse da mercato a mercato. Le PMI hanno la necessità di aggregarsi e nello stesso tempo devono farsi aiutare da professionisti di internazionalizzazione. L’innovazione dei mercati resta comunque un punto di svolta non rinviabile e necessità un’attenta valutazione delle potenzialità e dell’appetibilità nei vari mercati esteri.

Prepotente irruzione delle tecnologie digitali

Il cambiamento in atto del mondo socio economico non è dettato solo dalla globalizzazione ma anche dalla prepotente irruzione in questi anni delle tecnologie digitali nella comunicazione, nei processi e nella produzione primo fra tutte il mondo Internet.

Le nuove modalità di scambio di informazioni hanno abbattuto le vecchie barriere spazio temporali, le informazioni girano molto velocemente e in quantità elevata tanto da creare grossi problemi nella loro gestione: chi le sa gestire velocemente e al meglio ha un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.

Si deve poi far fronte alle nuove tecnologie digitali che vanno ad impattare non solo nell’organizzazione e nei suoi processi, ma anche e soprattutto sulla produzione e sui suoi prodotti. Questa tra l’altro è diventata l’attuale sfida perché sta giocando un ruolo importante nei modelli e nelle metodologie dell’intera catena del valore: dall’acquisto alla produzione e alla vendita, attraverso nuove opportunità di outsourcing di molte attività che riducon i costi aziendali. Si pensi ad esempio alle nuove possibilità delle Fab-lab, hub di innovazione in cui le imprese di piccola dimensione possano avere accesso alle tecnologie con minore spesa, oppure alla creazione di laboratori comuni tra università, centri di ricerca ed aziende, per favorire la realizzazione di vere e proprie filiere di innovazione.

Tutto ciò è una vera e propria rivoluzione che nei prossimi anni scuoterà il mondo delle imprese e richiederà uno sforzo di cambiamento partendo dall’inserimento in impresa di figure professionali con alte competenze tecnologiche.

Necessità di una nuova cultura d’impresa

L’evoluzione in atto necessita una nuova cultura d’impresa di fronte ad un cambiamento le aziende che resistono maggiormente sono quelle che si evolvono. Questo significa che non si può più abbandonarsi sugli allori del passato, non ci si può più rifugiare nel rassicurante iter operativo, serve rimettersi in gioco e cambiare la propria cultura d’impresa.

Ma cosa significa cambiare la cultura d’impresa?

Serve rivedere i processi decisionali, verificare l’attuale posizionamento e definire un punto di arrivo, un obiettivo, una visione della propria impresa nei prossimi anni e dotarsi quindi di una strategia. Tutto ciò impatterà sull’organizzazione, sulla valutazione delle competenze in essere rispetto a quelle necessarie investendo sulle risorse umane, rivedere i processi verificare e migliorare l’efficienza produttiva, analizzare il valore aggiunto del proprio prodotto in base alle richieste del mercato e all’offerta della concorrenza.

Al fiuto negli affari e nelle decisioni si affianca o si sostituisce un metodo di gestione basato su strategie mirate i cui risultati vengono controllati periodicamente con una serie di indicatori chiave che consentono di modificare in corsa le scelte per riallinearsi al percorso ottimale per il raggiungimento degli obiettivi.

Non meno importante è poi l’abbandono di un atteggiamento individualista e estremamente competitivo. La competizione è diventata globale e le regole stanno pertanto mutando, a concorrente accanto alla propria porta si è sostituito il concorrente di un’altra nazione. Soprattutto le PMI hanno la necessità di combattere questa situazione facendo massa critica, aggregandosi, per non essere soli a confrontarsi nelle nuove e complesse sfide. Alla cultura del piccolo è bello bisogna sostituire quella di piccoli insieme è meglio. L’aggregazione infatti consente maggiori investimenti, migliore innovazione e una presenza più efficace sul mercato.

Prendere in mano il proprio futuro

Se pensiamo che è solo una questione di tempo e poi ritorneranno i fasti del passato perché magicamente la crisi economica finirà abbiamo scelto la strada dell’insuccesso.

Siamo in una fase di veloce cambiamento ed il futuro ci renderà un sistema economico sociale completamente diverso. Si rende necessario quindi cavalcare l’evoluzione in atto prendendo in tal modo nelle nostre mani il futuro. Non ci è consentito di essere spettatori passivi ma ci è richiesto di essere attori attivi.

Il dovere di ciascun imprenditore è quello di creare i presupposti che consentano alla propria azienda di avere basi solide per un successo duraturo e sostenibile nel futuro.

Chi ha seguito questa strada sta già raccogliendo i primi frutti consolidando la propria impresa nei nuovi mercati e incrementando i propri ricavi, creando un’organizzazione e una corrispondete gestione e produzione efficienti che consentono di dare al mercato il prodotto giusto al prezzo giusto, riducendo quelle lavorazioni o caratteristiche che il mercato non riconosce.