INNOVATION MANAGER TRA MITO E REALTA’

Richiesta da tempo dalle Associazioni di Categoria imprenditoriali, la figura dell’Innovation Manager ha assunto in questi mesi una sbalorditiva popolarità grazie al Voucher del Ministero dello Sviluppo Economico, che agevola finanziariamente gli imprenditori ad usufruire di questa nuova professione per facilitare l’innovazione delle proprie aziende.

Di fronte a tanto interesse e clamore, espresso quotidianamente dai giornali e dal mondo social, vale la pena fare una riflessione anche in virtù del fatto che stanno nascendo forti attese sia in chi svolgerà che in chi si avvarrà di questa mansione.

 

Il Mito.

Non so se si possa parlare di mito, ma reputo che le attese stiano debordando, il fatto è che l’Innovation Manager non è affatto una novità e non può essere considerato la panacea dei ritardi nell’innovazione tecnologica industriale coniata con il termine Industria 4.0, o la nuova frontiera del mercato della consulenza o del temporary management.

Non voglio raffreddare gli animi e neppure contrastare questa euforia innovativa, del resto non sarebbe neanche coerente con le mie esperienze professionali dettate dal continuo interesse nella comprensione e nell’applicazione delle tecnologie più innovative; resta comunque il fatto che introdurre innovazione nell’azienda è un percorso difficile e a volte doloroso perché si scontra con una resistenza al cambiamento non sempre desiderato e apprezzato.

L’innovation manager, di fatto, può aiutare il cambiamento e introdurre innovazione solo laddove c’è una forte predisposizione e un forte commitment da parte dell’alta direzione aziendale o dell’imprenditore.

In questo ambito è necessario sottolineare che Innovation Manager non ci si inventa, questa figura professionale richiede competenze allargate ed esperienze di rilievo nel mondo imprenditoriale. Mi resta difficile pensare che si possa assumere questo ruolo senza aver varcato le porte di un’azienda, senza aver partecipato a progetti di cambiamento o miglioramento dei suoi processi, senza aver partecipato a riunioni decisionali e strategiche, senza aver condiviso quotidianamente con gli imprenditori problemi, soluzioni e risultati.

Per questo motivo ritengo che non considerare tali competenze come caratteristiche selettive e limitare un Innovation Manager a collaborare con un solo cliente siano scelte riduttive per una lodevole iniziativa che prende in tal modo le sembianze di un semplice strumento di collocamento nel mondo imprenditoriale.

In base a questa riflessione si potrebbe concludere che così come pensata questa figura professionale stia assumendo i caratteri di un mito.

 

La Realtà.

Non penso comunque sia corretto fermarsi a questa conclusione e ritengo necessario sottolineare la necessità di una figura professionale che aiuti quegli imprenditori illuminati che, lasciando la loro area di comfort, si rimettono in discussione e affrontano una nuova sfida.

Le nuove tecnologie, reputate abilitanti allo sviluppo di un’impresa intelligente secondo il modello 4.0, sono complesse ed un imprenditore non sempre è in grado di affrontarle da solo o con i suoi collaboratori. Questa incapacità può dipendere da più fattori: una bassa informatizzazione dell’azienda, una scarsa formazione, la complessità insita nelle tecnologie innovative. Per superare questi deficit di conoscenze e competenze si rende necessaria la presenza di un consulente che abbini caratteristiche manageriali con una forte cultura e conoscenza delle tecnologie e della loro corretta applicazione.

In questa situazione sicuramente l’Innovation Manager diventa una realtà esistente già da anni ma che non ha avuto i fasti della cronaca.

Per comprendere l’attualità di questa figura professionale bisogna fare riferimento al presente contesto nel quale si cimentano le imprese. Di fronte ad un sistema economico sempre più instabile e in continua evoluzione, l’impresa ha la necessità di avere un controllo costante ed in tempo reale delle performance al fine di gestire repentinamente le inefficienze e mantenere il coretto vantaggio competitivo. L’istinto e le intuizioni non sono più sufficienti, servono i dati: numerosi, immediati e significativi. Anche i modelli di business si stanno evolvendo, a volte con il semplice prodotto non si riesce a differenziarsi e la partita si gioca quindi solo sul prezzo con conseguenze spiacevoli sui margini e quindi sugli utili dell’impresa. Il prodotto sta lasciando il posto al servizio in cui è annegato. Il risultato è che sta cambiando repentinamente l’offerta e il mercato richiede alle imprese la capacità di soddisfare le esigenze di personalizzazione del prodotto/servizio.

Queste nuove sfide richiedono cambiamenti organizzativi e l’applicazione delle tecnologie innovative basate sulle reti, sulla gestione l’analisi di grandi quantità di dati e sull’intelligenza artificiale. In questo contesto una figura professionale che sia in grado di pilotare l’innovazione condividendo con l’imprenditore strategie, azioni e risultati non può che essere una realtà.

 

Livio Lavelli

 

Consulente per l’innovazione digitale delle imprese.


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